“L’uomo è profondamente musicale perché il suo cervello è profondamente musicale”. È quanto afferma Daniele Schön, direttore di ricerca CNSR all’Istituto di Neuroscienze dei Sistemi a Marsiglia e violoncellista, che studia come il cervello codifichi la musica e come la musica modifichi le dinamiche cerebrali. “Le ricerche in neuroscienze, scienze cognitive e psicologia mostrano chiaramente diversi effetti benefici della pratica della musica su udito, memoria, linguaggio, ragionamento visuo-spaziale, relazioni sociali […] Dal punto di vista delle neuroscienze, sulla base dei dati esistenti al momento e ottenuti con bambini e adulti di diverse età, dai tre ai settant’anni, la pratica della musica sembra facilitare il crearsi di una relazione coerente fra il mondo esterno e l’attività cerebrale e facilitare la comunicazione fra le diverse regioni cerebrali.”
“Il cervello ha bisogno di interagire con l’ambiente per potersi sviluppare e fra le varie interazioni quella musicale è un’interazione privilegiata, che aiuta a regolare il sistema emotivo, rende più precisa la codifica dei segnali uditivi, permette di connettere meglio il sistema uditivo e motorio e di anticipare meglio gli eventi nel tempo. Il fare musica ha quindi per il cervello un effetto stimolante e positivo, che aiuta inoltre a sincronizzarsi con gli altri membri di un gruppo e promuove un comportamento prosociale.”
“Il cervello musicale”, Daniele Schön, 2018 Il Mulino
Musica e bambini, un legame di cui avere cura
Un interessante articolo pubblicato su Alley Oop de Il Sole 24 Ore online, a firma di Eleonora Cipolletta, in cui si parla di due studi scientifici sul legame fra musica e bambini.
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